C'era una volta un gatto di colonia.
Era nato sotto una scalinata, da una mamma bianca e nera come lui, e aveva subito capito che la vita non era semplice.
"Stai lontano dalla strada!" diceva la mamma, "là io non ti posso proteggere... e non ti fidare di nessuno, nemmeno di chi ci porta cibo! Gli umani sono imprevedibili."
Silvestro, che allora non sapeva di chiamarsi così, fece tesoro di questi insegnamenti e sopravvisse all'infanzia.
Crebbe, e diventò un bel gattone bianco e nero, qualche volta al freddo gelido o al caldo torrido, qualche volta a digiuno, ma libero.
La vita in colonia era un po' più facile da quando alcune persone portavano cibo buono, e c'erano casette nelle quali dormire al calduccio d'inverno assieme agli altri micini.
Cerano alberi sui quali arrampicarsi e topi e uccellini per giocare al cacciatore; c'erano micie in amore e belle nottate di luna piena alla quale miagolare...
Silvestro visse così due anni. La vita era difficile ma bella, la vita era da vivere, la vita era sua.
Un giorno, affamato, trovò dei bocconi appetitosi sparsi in giro. Con l'acquolina in bocca, prese a cibarsene, poi, sazio e sodisfatto, si sdraiò in un comodo scatolone per schiacciare un pisolino.
Alcune ore dopo iniziò a stare male.
Si rese conto vagamente che quei bocconi dovevano essere avvelenati, si contorse, miagolò, si girò più volte per trovare una posizione che non lo facesse soffrire.
Al pomeriggio i suoi occhi annebbiati intravidero una donna che gli portava di solito cibo dal suo negozio, ma non era ormai in grado di reagire.
....e qui usciamo dalla storia ed entriamo nei fatti.
La settimana scorsa, una sera verso le dieci, ho ricevuto una telefonata che mi segnalava un gatto della mia colonia disteso rantolante in uno scatolone.
Non potevo muovermi o uscire, perchè ero sola in casa col mio bambino.
Ho telefonato al mio compagno chiedendogli di passare a prendere la mia amica appena finiva di lavorare.... solo a mezzanotte siamo riuscite a recarci sul posto.
abbiamo trovato Silvestro nel cartone, preda delle convulsioni causate dal veleno, sporco delle sue stesse feci, sbavante....
Lo abbiamo portato da una veterinaria che anche a quell'ora tarda (ormai quasi l'una) ha acconsentito a visitarlo, lo ha maneggiato gentilmente, lo ha palpato, auscultato, carezzato.
Ha diagnosticato l'avvelenamento da noi supposto e lo ha trattato con un'iniezione di diazepam e atropina, suggerendoci di lasciarlo tranquillo, dicendo che se avesse superato la notte, forse sarebbe stato salvo.
Così lo abbiamo riportato a casa, messo nel mio bagno nel suo trasportino, coperto, lasciato tranquillo.
La mattina, era vivo. Io piena di speranza, sono riuscita a farlo bere un poco, guardava in giro, miagolava infastidito ma non si alzava.
Siccome aveva bevuto poco, al pomeriggio l'ho riportato dalla veterinaria per un controllo e per una flebo di idratazione..... all'arrivo l'amara sorpresa: Silvestro aveva superato l'avvelenamento, ma non si reggeva sulle zampe, riusciva a muovere solo la zampa anteriore sinistra.
Dopo tutto quello che aveva passato, abbiamo scoperto che Silvestro ha subito anche delle percosse.
Infatti gli è stato diagnosticato un grave danno al cervelletto, un danno non reversibile, che ha compromesso per sempre i suoi centri motori. Non avrebbe mai più recuperato l'uso delle zampe, riusciva a restare solo coricato sul fianco destro.
Salvato dal veleno, Silvestro non ce l'ha fatta contro la crudeltà della mano che lo ha picchiato, lasciandolo menomato, senza il coraggio di finirlo, vigliacco fino in fondo.
Abbiamo deciso per l'eutanasia, Silvestro è stato prima addormentato profondamente come per un'anestesia operatoria, poi il suo cuore si è fermato per il veleno che, stavolta, invece di farlo soffrire lo ha fatto volare verso il Ponte dell'Arcobaleno, finalmente libero, sulle sue quattro zampe.
Questa è la storia di un gatto di colonia, della sua vita e della sua morte, della sua fine, della sua tomba nel mio giardino sotto iris e gigli, dove non sarà mai più dimenticato, mai più ferito, mai più picchiato. Solo amato, anche se troppo tardi.
Grazie di aver letto la sua storia.
Anny.
Che la terra ti sia leggera micino.